Cinque domande di Mario Lunetta a Daniel Bec, Gioxe De Micheli, Fabrizio Merisi, Agostino Pisani, Marco Seveso - La presenza dell'immagine con tutto il suo spessore antropologico, anche se offesa e lacerata, funziona alla fine, nel vostro lavoro - e in profondità - come allegoria insieme remota e disperatamente contemporanea del vostro vivere. Da cosa nasce questa ragione allegorica (strutturante, coordinatrice, pazientemente analitica), e a cosa si oppone, in tempi - come gli attuali - di tristissime orge postmoderne o di inconsistenti lirismi atmosferici? - La necessità del racconto coincide nella vostra ricerca - pur così diversificata - con (amore per il mestiere del dipingere e dello scolpire, e con la fortissima aderenza ai materiali. In questo gusto affabulatorio, discorsivo e - ripeto - allegorico, agisce maggiormente la suggestione del cinema, dell'immaginario elettronico o della letteratura? E ancora: come fate convivere (antico piacere della manualità con (odierna gamma delle proposte della tecnologia più avanzata? - Si coglie nei vostri percorsi una sorta di ritualità laica legata alla dialettica (talora raggelata, talaltra stridente e efferata) tra libertà e costrizione. Si sbaglia a dire che proprio in virtù dell'onestà con cui vivete linguisticamente questa contraddizione, le vostre proposte non risultano consolatorie ma conflittuali? - Come usate, voi artisti così intensamente immersi nell'oggi, (immenso serbatoio della tradizione? Non vi càpita mai di averne paura? Temete il suo peso o credete che dal suo condizionamento ci si possa liberare attivamente soltanto misurandosi con essa? - Quali credete che siano, nei vostri processi e procedimenti, i depositi vitali della grande eredità delle avanguardie storiche? Mario
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