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Ricercare:
l'albero della libertà
Il tempo e la memoria
o della perdita
dell'infanzia
Con La Questione
(1973-76) e il ciclo Discorso sui materiali del far scultura per interposto
Marat (1976-79), nel giro breve di sei anni Enzo Sciavolino poneva una
seria ipoteca sul primato della scultura di storia e di impegno civile in
Italia. Nella stagione del definitivo abbattimento di ogni nozione dell'impegno,
in termini sia propriamente ideologici che esistenziali, l'artista siciliano
avanza non un'ipotesi ma un concretissimo e tagliente proponimento di tangenza
sociale e di critica politica quale prerogativa e dovere dell'artista.
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Egli non agiva per un
accademico anticonformismo rispetto a un'epoca di totale disimpegno - dopo
il rientro frustrante delle utopie sessantottine - e di transizione dal languente
concettualismo all'eclettismo e polistismo post-moderni. Neanche indulgeva
ad astratte prescrizioni legate al ruolo tradizionale dell'intellettuale di
sinistra, come presenza critica vigilante nel contesto civile. Sibbene per
l'intimo convincimento circa la posizione centrale che deve occupare l'uomo
nella storia tout court e, segnatamente, in quella dell'arte, proprio perché
la crisi dell'ideologia e dell'impegno politico rende manifesta l'incrinatura
profonda nel senso di identità collettiva e individuale, con quante
implicazioni conflittuali comporta tale contingenza, e impone a chi più
sensibile è ai valori del personalità creativa, il compito di
dare voce al disagio comune per sollevare problemi.
Quale occasione tematica Sciavolino sceglie - lui uomo del Sud emigrato a
Torino - un argomento addirittura post-unitario: l'irrisolta "Questione
meridionale" che ha accompagnato oltre un secolo di storia italiana ed
è ancora oggi, per molti versi, aperta e foriera di aspri contrasti.
La grande scultura in "questione" consiste in lungo tavolo intorno
a cui sono raccolti in singolare convito - apparentemente seduti, in realtà
posti come mezzibusti o monumenti di sé sul piano ove giacciono, altresì,
oggetti della vita quotidiana e simboli politici usati ora come puri referenti
naturalistici ora come inquietanti metafore - intellettuali e uomini di potere,
ideologi e artisti. Si conoscono Marx, Mao, Gramsci, Di Vittorio, Guttuso,
Elio Vittorini, Buttitta; e poi Freud e Gianni Agnelli. Infine Pasolini, l'unica
figura in piedi, interlocutoria per quel dito levato, che chiede udienza e
ammonisce a un tempo, e che ha subìto…
ottobre
1991
Nicola Micieli
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