Amione, Casassa Mont, Marangoni, Rey

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...ad un quotidiano barbarico e superficiale: una tessitura aurata e magica che fa apparire prezioso il loro lavoro e la loro costanza.
Cristina Arnione, la lucente: la sua professione di biologa l'ha improntata in modo tale che ha trasposto questo rigore anche alla sua decorazione: le sue immagini, oltre ed essere di un preziosismo squisito, sono ricercate sia nell'equilibrio della composizione, sia nelle forme e nella fusione dei corrispettivi toni, come cellule insieme riunite a formare degli organuli cromatici. Cristina l'intensa, mai totalmente soddisfatta, perennemente vibrante alla ricerca dell'unicità, della perfezione, della liricità, dell'assolutezza.
Silvana Casassa Mont, la più giovane in ordine di frequentazione, sin dall'inizio si è cimentata con passione e precisione, e nello scoprire l'arte di raccontare ha superato rapidamente le difficoltà tecniche nelle quali, anzi, trova un motivo di verifica; non ricerca mai soluzioni semplici, le sue composizioni sono composite, labirintiche, in un gioco al celarsi e all'apparire attraverso metafore. Silvana l'onirica, che racconta brandelli di fiabe e di miti, suggerendone i lati ombrati dell'inconscio in immagini di una perfezione che ne annebbia la drammaticità e rende il tutto smagliante e "gotico".
Chiara Marangoni, la mirifica: nella scoperta dei fondali marini in cui fisicamente si cala, ha trovato le forme straordinarie e surreali per la sua ispirazione; questa imprint si palesa nelle sue opere in una rappresentazione semantica con cui marchia l'argilla sia penetrandola sia colorandola in un'accentuazione posta "a caso", in modo che essa raggiunga il massimo dell'inverosimiglianza e quindi dell'originalità. Chiara la magica, fa affiorare a chi guarda queste sue visioni, le percezioni della propria memoria.
Cinzia Rey, la visionaria dell'essenziale; in lei si avverte il fascino che esercita il mondo antico conosciuto attraverso letture e viaggi; il suo temperamento misurato e limpido, trae materia dai resti archeologici impregnati di idealitità e storia e le sue fantasie sono l'effetto dell'interazione fra il suo immaginario e la realtà virtuale trasposta sull'argilla, in cui quest'ultima assume una valenza di testimone arcaico. Cinzia, la ricercatrice dell'archè, senza tentennamenti persegue la sua visione utopica così fortemente motivata dalla sua chiarezza interiore, che diviene affermazione di valori indelebili.

marzo 1995
Vera Quaranta

 

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