maggio 2000
Pittura come Mito 1

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  presentazione di   Pino Mantovani

È un bel percorso quello che ci accompagna dal 1986 al 1999: promotori del viaggio l'Assessorato alla Cultura della città di Collegno e l'Associazione culturale «Gli Argonauti», protagonisti pittori e scrittori, riferimento locale prima la Sala delle Esposizioni di corso Francia 105, poi la Sala delle Arti nel parco della Certosa Reale, sempre a Collegno.
Forse a pochi è capitato di seguirlo per intero, il labirintico percorso, nelle due forme parallele della pittura e della scrittura sotto la comune insegna del mito. E quando anche tutta la sequenza delle mostre fosse stata praticata, solo chi avesse avuto la pazienza di raccogliere e l'ordine di conservare tutti i cataloghi, nonché la memoria per evocare in limpida compresenza le opere esposte - in parte riprodotte -, solo costui potrebbe rendersi conto del disegno complessivo (nato maturo, per dirla secondo mito, come Atena dalla testa di Zeus) e apprezzare le varianti significative espresse nell'arco di un quindicennio.
A me questa fortuna è capitata, non perché sia paziente, ordinato e dotato di particolare memoria, ma perché ho potuto parlare con alcuni animatori dell'iniziativa e rileggere per intero e senza soluzione di continuità gli interventi in catalogo, firmati da Giorgio Luzi, Laura Mancinelli, Lucio Cabutti, Paolo Levi, Andrea Balzola, Paolo Nesta, Aldo Spinardi: tutti convocati a commentare e divagare sul tema costante, il mito, di volta in volta esemplificato da un caso specifico (che so, gli Argonauti, Cronos, Eros, Persefone, Prometeo, Gea...) e rappresentato da quattro artisti, scelti non secondo il principio della coerenza formale, ma della convergenza almeno possibile sulla fabula, sempre diversa salvo il ritorno degli Argonauti alla scadenza del decimo anno.
A distanza di tre lustri, vale la pena di stringere in corto circuito tutti gli elementi della vicenda, cioè la pittura, la scrittura, il mito. Semmai rimescolando le parti: non già la pittura e la scrittura nel mito, mala pittura al vertice, cui venga riconosciuta qualità mitica; la scrittura sempre con funzione esplicativa, perfino didattica rispetto al mito della pittura anziché, come finora, al mito in pittura.
Basta peraltro leggere alcuni dei commenti mano a mano depositati per verificare che la scrittura raggiunge, può raggiungere, la stessa «mitica» presenza, la stessa potenza evocativa dell'immagine, tanto che a volte è stata la parola a farsi protagonista nel conferire evidenza lampante all'immaginario collettivo, anche attraverso la decodificazione dei simboli. Per cui si può supporre, fra quindici anni, una ulteriore edizione che veda protagonista la scrittura, la scrittura come mito, essendo la pittura ancella, strumento illustrativo e perché no? critico.
Nel commento che accompagna la prima edizione, Giorgio Luzi, non a caso un poeta di alto rango oltre che un lettore raffinato dello scrivere e del figurare, cita a proposito due geniali antropologi:
«Il racconto mitico... fa uso forte del discorso, ma situando le opposizioni significanti che gli sono proprie su un grado di complessità più alto di quello richiesto dalla lingua quando funziona per fini profani» (C. Lévi-Strauss).
«La capacità dell'arte di utilizzare miti per fini non conservatori si direbbe intimamente legata alle possibilità di ironia dell'arte: alla facoltà di utilizzare elementi compositivi con un distacco ironico che non lede la loro vitalità» (Furio jesi).

marzo 2000                                                                      (continua)
Pino Mantovani

 

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