Elenco degli artisti
Pittura come Mito 2 (cont)

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TINO AIME
SARA CARBONE
AMERIGO CARELLA

CLOTILDE CERIANA MAYNERI
FEDERIGO CHIALES
RICCARDO CORDERO
DANIELE GAY
EZIO GRIBAUDO
LIA LATERZA
GIOVANNI MACCIOTTA
PINO MANTOVANI
ALBERTO ROCCO
SERGIO SACCOMANDI
SERGIO SCANU
EGLE SCROPPO
BEPPE SESIA
GIACOMO SOFFIANTINO
MARIALUIGIA VIGANT
ADRIANO TUNINETTO
LUCIANO VERDIANI
 

Quanto a Perseo, il suo viaggio è verso la luce: egli nasce da una fecondazione nel buio a forza di luce assoluta, l'oro nel quale si muta Zeus per amare Danae la madre. La vicenda di Perseo è impressa dalla luce prima, e consiste nel portare luce salvifica, a volte invertendo il potenziale distruttivo ch'essa possieda (come nello scontro con Medusa), a volte domandone l'eccesso (come nell'uso controllato di Pegaso).
Ancora una splendida definizione del valore luminoso dell'arte, della sua capacità di attraversare o sorvolare i luoghi più vischiosamente bui.
All'insegna di Athena vincitrice dei mostri ctonii e infernali, l'arte, con particolare sottigliezza la pittura - ce lo ricorda Paolo Nesta nella sua presentazione del 1996 - riesce a guadagnare e a «circoscrivere, tra l'essere e il nonessere, tra il vero e il falso, lo spazio del fìttizio e dell'illusorio, in cui si collocano (...) eidola, eikones, phantasmata, i frutti della phantasia immersa nel flusso del sensibile, rigorosamente opposto all'intelletto (...) come i prodotti oggettivi di determinate arti». Non senza problemi, certo, perché la potenza di seduzione delle arti è tremenda, per chi le pratichi e per chi le riceva; ma proprio la saggezza di Athena riuscirà ad impedire che i prodotti delle arti regrediscano allo stato larvale o restino impigliati nella «realtà» e nelle sue funzioni. Naturalmente non poteva mancare il mito di Narciso, forse il più fortunato fra quanti hanno toccato la pittura, anzi meglio il pittore. Tanto che il narcisismo è dato come un carattere primario del pittore, solitario amatore di se stesso, e anche della pittura che tende alla tautologia autoriflessiva, specialmente nelle epoche «manieriste» (perfino Hauser, che non può essere tacciato di simpatie decadenti, dedica a Narciso un capitolo nel suo «Manierismo»). Per non ripetere cose largamente studiate, mi soffermo un attimo sull'immagine minimale che timbra il catalogo del '96 curato da Lucio Cabutti: è il «Narciso» di Caravaggio. Tra le altre geniali soluzioni in questo capolavoro, ce n'è una che vai la pena sottolineare: la figura riflessa raddoppia Narciso che si specchia senza subire i condizionamenti della prospettiva particolare, come se fosse una carta da gioco, elementare icona che ha resistito ad ogni tentazione di ricalco. Ovvero, Narciso non subisce lo specchio, ma è specchiato - lui stesso e la sua immagine specchiata - nello specchio oggettivante della pittura.
Se si considerassero meglio gli autoritratti dei pittori, ci si accorgerebbe che spesso l'immagine specchiata non è seconda ma terza, dico che un altro specchio specchia lo specchiamento.
Arthemis, ultima figura del mito evocata dalla parola e dall'immagine nel '99, mi permette di richiamare due persone che non ci sono più a me diversamente care, legate entrambe alla pittura anzi al mito della pittura: Albino Galvano e Aldo Spinardi. Il primo è autore di Artemis Ephesia, un saggio del '66 pubblicato presso Adelphi, che, indagando il significato del politeismo pagano a fronte del monoteismo biblico e poi cristiano/ di fatto cerca di riconoscere la specificità degli idoli, la potenza dei feticci che realizzano il sacro e lo trasmettono, insomma la «concretezza viva del culto» e la precisa individualità dimostrata dalla «possibilità di nominare» (questo almeno prima della riduzione letteraria e filosofìca greca e poi romana). Lo stesso farebbe, mutatis mutandis, l'artista moderno «concreto», tutto preso e compromesso nell'immediatezza dell'operare e nell'evidenza dell'opera realizzata, non perché sia esauriente la cosità dell'operare e dell'opera libera da impacci illustrativi, ma perché l'operare è tensione che attraversa l'esito, e l'opera schermo dove si proietta una verità altrimenti inconoscibile, e insieme schermo nel senso di garanzia di inaccessibilità (segno/cosa, dunque, che svela e vela ad un tempo).
Quanto a Spinardi, autore dell'ultima presentazione nel '99, Artemis è occasione per dichiarare ancora una volta, con linguaggio bonario ma non superficiale, un amore di pittura che ha saputo mantenersi «innocente» attraverso tutte le vicende anche drammatiche della vita. Artemis/ vergine e portatrice di seduzione, aggressiva cacciatrice e porto di salvezza anche per gli schiavi, polimastica ed eterna adolescente, forse è la divinità che meglio rappresenta l'aspetto problematico e poliverso dell'arte, giustificando affascinamenti definitivi che non risparmiano spiriti differentissimi.
Ultima considerazione. Nel linguaggio comune, il termine «mitico» ha due significati prevalenti: il primo allude ad una distanza estrema insuperabile, qualunque sia il valore e il tono di questa condizione; il secondo, specialmente usato nel gergo giovanile, indica qualcosa di straordinario, di eccessivo tanto da non poter essere collocato nel proprio tempo, come se fosse arrivato d'altrove. Dire che la pittura è un mito potrebbe anche raccogliere questi significati: la pittura sarebbe mito in quanto inappartenente al nostro tempo. Qualunque sia il giudizio: residuo patetico di tempi finiti e irrecuperabili o meraviglia galleggiante nella diffusa mediocrità.

marzo 2000             Pino Mantovani

 

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