BUZZETTA, DEL BONO, GUAZZORA, OLIVIERI |
Paesaggi
francesi, zummate sui centri storici della cintura torinese, interni dal
sapore artigianale, i soggetti che animano la mano del pittore Michele
Buzzetta. L'uso della tecnica ad olio dialoga, ottenendo effetti
particolari, con la stesura ad acrilico. Il risultato è quello
di una superficie lucido-opaca che a volte sembra chiudere e trattenere
il colore come nel reticolo di una gemma cloisonnée, per lasciarlo
poi andare libero ed autonomo come un acquerello.
Probabilmente una lettura in filigrana dello spirito passionale e riflessivo dell'autore catturato a seconda del proprio stato d'animo, ora dall'uno ora dall'altro tono cromatico. Il particolare, dato oggettivo osservato quasi con lente di ingrandimento, come nel caso restituito dal titolo della marina 'Admiral Titti' (è questo il nome apposto su un lato della imbarcazione stessa), si consolida nelle scene di genere dedi cate ai mestieri artigianali ormai in via d'estinzione offrendo all'osservatore uno spunto per guardare oltre l'uscio socchiuso, proprio là dove una luce fioca può restituire il sapore della storia popolare all'occhio disincantato dell'era digitale. Personaggi in carne ed ossa, sapientemente restituiti attraverso un uso perito del panneggio e della figura, i ritratti che Claudia Del Bono decide di sospendere in gelatina rossa,isolandoli, quasi in un processo di congelamento sul fondo monocromo ad olio che caratterizza molti dei suoi quadri di figura, nonché le nature morte. Un effetto di straniamento pervade l'osservatore: egli viene catturato dalle pieghe di un panneggio nella postura specifica del personaggio, dalle rughe del suo volto, ma al tempo stesso è come se fosse scaraventato in uno spazio dove il fondale rosso su cui campeggiano i grandi ritratti vale quale metafora di ciò che essi furono e di quello che saranno. Inquietante il gioco sottile che l'artista instaura tra reale ed irreale: i personaggi quasi sempre amici e conoscenti, come ricordano i titoli (Esmcralda, Laurctta...), estraniati da ogni contesto quotidiano vivono una vita autonoma, icone galleggianti e virtuali di una nuova era. L'opera essenziale e armoniosa risultato di un'attenta sperimentazione tecnica ed artistica condotta da Vanda Guazzora nel campo del raku e del neked ci conduce verso il decadimento e 1'uso precipuo delle terre nella sua accezione più naturale. Un percorso che metaforicamente coincide con il rito, e il suo valore di contenimento e condivisione di valori, entrambi evidenti nella naturalezza, semplicità ed apertura verso l'esterno delle singole opere (il pubblico è sollecitato a toccare e a conoscere l'oggetto attraverso inviti tattili: protuberanze, incastri monocromi, lamellature). La superficie, essenzialmente color terra e ad ingobbio azzurro, viene spesso lisciata con una semplice pietra. Ne risulta un segno carattcnstico, quasi ad onda, una specie di arriccio il cui rimando è al mondo marino così come a quello sonoro. In verità le cavità antropomorfe di alcuni vasi-coppia paiono evocare dialoghi o comunque discorsi sonori. Gli strumenti musicali accanto ai pannelli corredati da presenze lamellari conducono verso l'interno di ciò che solo apparentemente conosciamo: il mistero della terra e le sue apparizioni. Gioco, ironia e ricerca verso il profondo sono i due poli del lavoro artistico di Silvana Olivieri, grazie ad uno studio attento dell'ombra e della luce. L'uso di vetrine accanto al bucchero e alla sperimentazione tecnica del colore blob, così l'alternanza di opere oltre la superficie, ovvero pannelli tutti giocati sull'incastro di pezze colorate di ceramica (dagli smalti opachi alle terre di Castellamonte sino ad esempi m terra vicentina), sono la prova concreta della sua poetica: oltre la finestra, la luce e l'ombra con cui spesso scopriamo una parte del nostro essere, c'è altro, una novità nascosta anche ai nostri occhi, se non nel momento del sogno, accanto alla luce dei ricordi: decorazioni quasi a ricamo che si intercalano con effetto più decorativo sulla superficie delle lampade-sculture. L'argilla per sua natura nega ogni trasparenza. Le sculture luminose con il gioco luce-ombra la riportano in vita: materichc nella parte alta ad intreccio, quasi a basso-rilievo, per effetto della luce restituita da un ricamo a pelle, nella fascia sottostante. Toni corposi, lavorati sapientemente a terzo fuoco, si alternano a toni più vezzosi, in un gioco di contrasti stemperato da un'ironia poetica di rara piacevolezza. Manuela Cusino
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