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Miranda
Coelati Rama
presenta la sua produzione ad olio su tavola e su tela offrendoci un
panorama piuttosto variegato del tema dell''atmosfera paesaggistica.
Guardando opere come II grande fiume, Torino
invernale, Ricetto fiorito e
Vigneti nelle Langhe il pubblico viene
per così dire catturato o meglio rapito, in un'atmosfera precisa
più distesa o vibrante a seconda anche della scelta tecnica;
dallo sfumato al materico, dal gesto lento a quello più nervoso,
in un susseguirsi di regia cromatica che fa dei paesaggi un prolungamento
visivo del pro-
prio intcriore sentire. Una sorta di racconto neoromantico in cui
la presenza umana è evocata da strutture edilizie antiche o comunque
nostalgicamente presenti.
Laura
Gorrea in un rigore cromatico e tecnico che predilige monocotture
graffiate e steccate accanto a smalti con cenere ed ossidi nella realizzazione
delle figure dei Guerrieri e delle Danzatrici dal gusto preistorico,
sperimenta continuamente con grande coerenza lo stesso modo di lavorare
ovvero tutto in vuoto. La forma verticale che a poco a poco può
assumere la configurazione umana è l'apriori da cui naturalmente
l'artista parte, una specie di modns operandi da cui non ama più
discostarsi. In effetti queste strutture vuote all'interno sia nei corpi
più cavi che in quelli sottilissimi delle figurine dei guerrieri
e delle danzatrici, paiono celare un mistero. Si tratti di un passato
storico antico o semplicemente della forza primigenia che al di sotto
della pelle lavora a volte anche a nostra insaputa e di cui esteriormente
rimangono tracce nelle lamelle di un Otre marino piuttosto che nelle
fiammelle dell'opera titolata Efesio. Quel che è certo è
che questi corpi molto hanno a che vedere con la capacità femminile
metaforicamente espressa del contenere, dell'inglobare e proteggere
prima di presentare all'estemo (Attesa, Madre, Abbraccio).
Alessandro
Mingoia affronta il mondo naturale con occhio lucido ed ironico.
Originalissimi i tagli prospettici e le messe a fuoco a volte così
ravvicinate quasi con lente di ingrandimento. La tecnica ad olio sia
su tela che cartone, predilige soluzioni opache a favore della sovrapposizione
non casuale di soggetti , ad esempio in Foglie morte, che giocano quali
icone e sagome cromatiche, sullo sfondo della composizione naturalistica.
Le proporzioni a volte volutamente surreali come in Natura morta con
marina, sottolineano la scelta di trattare forme quali oggetti e viceversa,
in un rimando cromatico la cui attenzione è sempre a favore di
una natura irta, che è stata battuta dal vento e comunque raramente
ridente. I ritratti femminili ci parlano di deserto e di pelle, di stagioni
esistenziali così come le incisioni, acquaforti ed acquatinte
ci raccontano storie di interni, di vita e di ricordi attraverso un
uso sapientissimo della luce e del tratto grafico.
Silvia
Tartara propone oggetti ceramici ottenuti con monocottura
o tecnica raku privilegiando forme ad ansa con aperture alari o segni
anellari, a volte, anche spiraliformi. Si tratta di una ricerca che
vuole far cantare lo spazio nascosto all'interno delle forme concave
e di cui i bordi ondulati delle sculture evocano il canto. Lo spazio
intorno all'oggetto è anch'esso parte dell'opera in quanto l'artista
non solo lo cattura a livello di vibrazioni ad onda che dal centro dell'oggetto
si propagano come un eco tutt'intorno, ma spesso lo circoscrive ulteriormente
attraverso vere e proprie quinte scenografiche. Sono queste grandi superfici
a smalto che conferiscono agli oggetti in primo piano il significato
di protagonisti, di eroi di una storia narrata con magistrale messa
in scena. Come nel caso dell'opera Microcosmo e macrocosmo in cui sfondo
ed oggetto scultoreo vivono in stretta simbiosi a sottolineare la forza
esplosiva di un
probabile uovo fecondato responsabile della grande esplosione che dette
il via
alla genesi dell'universo.
Manuela Cusino, febbraio 2007
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