Anche se nell'immenso patrimonio mitografico
ereditato dall'antica Grecia non mancano strette relazioni parentali tra
grandi dei e ninfe, "la parola nymphe significava un essere femminile
per mezzo del quale un uomo diventava nymphios, vale a dire uno sposo felice
giunto allo scopo della sua virilità; tale definizione spettava alle
grandi dee non meno che alle fanciulle mortali, ma se di un essere si diceva
soltanto che era una ninfa, anche se si diceva espressamente "dea"
e "figlia di Zeus", ciò non implicava ancora la condizione
di immortalità propria dei grandi
dei" (K. Kerényi). "Esse non sono esseri ne umani, ne immortali,
vivono a lungo, si nutrono di ambrosia e danzano in coro con gli dei. I
Sileni ed Hermes amoreggiano con loro negli angoli delle grotte amene. I
pini e le querce cominciano a crescere alla loro nascita e maturano insieme
con loro .. quando però arriva fatalmente la morte, prima gli alberi
si disseccano .. e con ciò anche le anime delle Ninfe abbandonano
la luce del sole" (Homeri Hymnus in Venerem). Il raggiungimento del
felice status di nymphios, di cui si è detto, per l'uomo e forse,
soprattutto per gli dei, non escludeva esperienze amorose preliminari, per
lo più avventurose e non prive di insuccessi. Così per Pan,
ad esempio, o per le numerose storie d'amore di Apollo, "la maggior
parte delle quali, e specialmente quelle più celebri, finivano in
modo tragico, sia che fosse oggetto dell'amore un fanciullo o una fanciulla.
Si poteva parlare anche di storie di fanciulli amati, poiché Apollo
era il dio di quell'età, in cui i fanciulli abbandonavano la protezione
materna e vivevano in comune tra loro .. era l'età della vita che,
per i fanciulli come per le fanciulle, rappresentava il fuggevole fiore
della giovinezza". E, prosegue Kerényi, "chi vuoi raccontare
delle fanciulle amate da Apollo, deve per lo più menzionare un rivale,
qualche volta più fortunato del dio .. Il primo amore di Apollo si
diceva, fu per Dafne. Il nome significava
il lauro. Si diceva che Dafne fosse figlia del dio fluviale Ladone e della
Terra. Altri narratori le attribuivano per padre il dio fluviale Peneo,
cui apparteneva la valle di Tempe in Tessaglia. Essa era una giovinetta
selvaggia, simile ad Artemide che, quale Daphnaia o Daphnia aveva lei stessa
i suoi lauri sacri. Non soltanto Apollo era innamorato di Dafne, ma anche
un giovane di nome Leucippo, "quello dei cavalli bianchi" oppure
"lo stallone bianco". Leucippo si travestì da fanciulla
per potersi accompagnare a Dafne. Facendo il bagno però, le compagne
di lei lo scoprirono. Ciò fu causa della sua morte e della sua scomparsa.
Fuggendo da Apollo, Dafne cercò salvezza presso la madre Terra e
fu tramutata in lauro, che da allora fu albero preferito dal dio, che ne
porta i rami come una corona. In un albero che, come la maggior parte degli
alberi, è per natura sua bisessuale, i due sessi sono uniti senza
dubbio
nel modo più perfetto". L'intervento salvifico della Madre Terra,
con la metamorfosi di Dafne in lauro, offre un buon spunto per un altro
studioso dei miti greci, questa volta di scuola anglosassone, Robert Graves,
per proporre una interpretazione diversa. Graves, infatti, contesta a Kerényi
l'applicazione ai miti di categorie analitiche di matrice psicologica iunghiana
e, a proposito di Dafne, legge il tentativo di Apollo di violarla come trasposizione
mitica della conquista da parte degli Achei, al tempo della loro invasione
della penisola greca, del santuario della Madre Terra: Era trasformandola
in lauro, interviene in difesa della sua sacerdotessa; pertanto, l'aristocrazia
militare maschile degli invasori si sarebbe accordata con la teocrazia femminile
pre-ellenica. E ancora Graves aggiunge: "gli psicologi freudiani citano
questo mito come il simbolo dell'istintivo orrore delle fanciulle per l'atto
sessuale; tuttavia Dafne non era affatto una vergine sgomenta. Il suo nome
è una forma contratta di Daphoene "la sanguinaria", cioè
la dea in preda al furore orgiastico le cui sacerdotesse, le Menadi, si
inebriavano masticando foglie di alloro e in periodo di luna piena assaltavano
periodicamente i viandanti e facevano a pezzi bambini e piccoli animali;
le foglie di alloro contengono cianuro di potassio. I collegi sacerdotali
di cedeste Menadi furono soppressi dagli Elleni e soltanto i sacri boschi
di alloro restarono a dimostrare che Daphoene era anticamente signora di
quei templi".
Paolo Nesta
Il Mito di Dafne