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Catalogo
Il Mito di Narciso
pagina 2/10
1996
Recensione di Lucio Cabutti
Le metamorfosi di Narciso

"Giovane bellissimo, rifiutò l'amore delle ninfe (specialmente di Eco). Punito dagli dei, morì per vano amore della propria immagine riflessa m una fonte. Mutato nel fiore omonimo": così recita la voce Narciso, con qualche variante, nelle enciclopedie. Ma, come ogni figura del mito, la sua immagine si investe di valori simbolici e di risonanze allegoriche ben più complesse e inestricabili, fino alla identificazione di esperienze e autopercezioni originarie nelle strutture stesse del linguaggio visivo.
Per Sigmund Freud, ad esempio, c'è un narcisismo primario modellato sulla condizione intrauterina e sul sonno, e sulla loro mancanza di rapporti oggettuali, accanto a un narcisismo secondario inteso come rein-vestimento di energia psichica sull'io del soggetto anziché sugli oggetti esterni.
"L'irritante, nell'amore" diceva Baudelaire, "è che si tratta di un crimine in cui si ha bisogno di un complice". L'amor proprio di Narciso, però, non ha bisogno di altri compiici al di fuori dello specchio. Basta uno specchio di acqua per commettere il crimine di amare il proprio doppio e di annientarsi nel desiderio di possederlo. L'amore, affermava del resto Madame De Staèl raddoppiandone il rispecchiamento "criminale", è un "amor proprio a due". Così Narciso diviene anche come una sorta di mandala mitomorfo dell'arte che riflette sulla propria natura duplice e sulla relativa ambiguità. "In amore tutto è vero e tutto è falso", diceva Chamfort: come in arte, dove spesso la ricerca di un ritorno alle origini mira a una totalità indifferenziata, e una fluidità da liquido amniotico rassomiglia molto all'acqua in cui affonda Narciso ammaliato dalla propria inafferrabile immagine. Quanto alle affinità con il sogno e il sonno, la creatività artistica di fine millennio ne è satura di esempi e di teorie e di spettacolarizzazioni. Riflettendo su se stessa, l'arte si avventura nei rarefatti labirinti della forma, ne scopre territori arcani e vi costruisce itinerari nuovi. Il linguaggio dell'artista si defila dal mito dell'oggettività come da quelli della materiata e della camunicativa, per attingere alle fonti autorappresentative della visione. E se in queste fonti ama specchiarsi identificandosi, ed amarsi, ogni opera diventa sempre di più un suo traslato autoritratto, sviluppato nel segno della soggettività fino all'estrema individuazione. Narciso è anche il senso mitico di una reimmersione cosmica che azzera attraverso il destino personale. Come il tuffatore raffigurato in una tomba etrusca, il narcisismo dell'arte può diventare emblema di una più generale sorte e morte dell'immagine per progettarsi e proiettarsi, trasfigurata, in una più alta tensione verso l'assoluto e verso l'eternità. Il riferimento alla complessità di significati e di enigmi trasmessi dal mito di Narciso viene interpretato in modi differenti dai quattro pittori riuniti nell'esposizione. Tino Aime, con i suoi I narcisi e la piuma, sceglie decisamente la rappresentazione dei fiori che hanno lo stesso nome del mitico personaggio che si sarebbe tramutato in essi. La sua è quindi una classica natura morta che demitizza il mito riportandolo ai termini della visibilità quotidiana. Federico Chiales, con il titolo di Narciso dimentico, suggerisce una chiave allusiva che può contestualizzare nella mostra un saggio della sua poetica consonante piuttosto con l'etica e l'estetica zen. Verso una contemplazione, quindi, senza oggetto ne pensiero avvalorata dal senso del vuoto. Sergio Scanu, con il Ritratto di narcisista, ritrova l'eco del mito anche nei suoi risvolti freudiani, individuandolo in un personaggio della vita di tutti i giorni, schizzato con corsiva e ironica, espressiva gestuahtà. Narcisismo, quindi, come compiacimento, immaturità, ambivalenza, esibizione. E Adriano Tuninetto, con il suo Narciso, offre una versione riferibile alle t.ecniche dell'espressionismo astratto: il dipinto si struttura mediante una griglia di solidi segni neri su bianco, intorno a cui si coagulano dinamicamente altri due colori, il rosso e il blu, integrati da linee più rapide e concitate.
Così il riferimento a Narciso, mito e fiore, può risultare insieme uno e nessuno e molti: "qualunque scoperta si fa nel paese dell'amor proprio", osservava La Rochefoucauid, "vi restano ancora sempre molte terre sconosciute

Maggio 1996
Lucio Cabutti