Catalogo
Il
Mito di Narciso
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Recensione di Lucio Cabutti
Le
metamorfosi di Narciso
"Giovane bellissimo, rifiutò l'amore delle ninfe (specialmente di
Eco). Punito dagli dei, morì per vano amore della propria immagine riflessa
m una fonte. Mutato nel fiore omonimo": così recita la voce Narciso,
con qualche variante, nelle enciclopedie. Ma, come ogni figura del mito, la
sua immagine si investe di valori simbolici e di risonanze allegoriche ben più
complesse e inestricabili, fino alla identificazione di esperienze e autopercezioni
originarie nelle strutture stesse del linguaggio visivo.
Per Sigmund Freud, ad esempio, c'è un narcisismo primario modellato sulla
condizione intrauterina e sul sonno, e sulla loro mancanza di rapporti oggettuali,
accanto a un narcisismo secondario inteso come rein-vestimento di energia psichica
sull'io del soggetto anziché sugli oggetti esterni."L'irritante,
nell'amore" diceva Baudelaire, "è che si tratta di un crimine
in cui si ha bisogno di un complice". L'amor proprio di Narciso, però,
non ha bisogno di altri compiici al di fuori dello specchio. Basta uno specchio
di acqua per commettere il crimine di amare il proprio doppio e di annientarsi
nel desiderio di possederlo. L'amore, affermava del resto Madame De Staèl
raddoppiandone il rispecchiamento "criminale", è un "amor
proprio a due". Così Narciso diviene anche come una sorta di mandala
mitomorfo dell'arte che riflette sulla propria natura duplice e sulla relativa
ambiguità. "In amore tutto è vero e tutto è falso",
diceva Chamfort: come in arte, dove spesso la ricerca di un ritorno alle origini
mira a una totalità indifferenziata, e una fluidità da liquido
amniotico rassomiglia molto all'acqua in cui affonda Narciso ammaliato dalla
propria inafferrabile immagine. Quanto alle affinità con il sogno e il
sonno, la creatività artistica di fine millennio ne è satura di
esempi e di teorie e di spettacolarizzazioni. Riflettendo su se stessa, l'arte
si avventura nei rarefatti labirinti della forma, ne scopre territori arcani
e vi costruisce itinerari nuovi. Il linguaggio dell'artista si defila dal mito
dell'oggettività come da quelli della materiata e della camunicativa,
per attingere alle fonti autorappresentative della visione. E se in queste fonti
ama specchiarsi identificandosi, ed amarsi, ogni opera diventa sempre di più
un suo traslato autoritratto, sviluppato nel segno della soggettività
fino all'estrema individuazione. Narciso è anche il senso mitico di una
reimmersione cosmica che azzera attraverso il destino personale. Come il tuffatore
raffigurato in una tomba etrusca, il narcisismo dell'arte può diventare
emblema di una più generale sorte e morte dell'immagine per progettarsi
e proiettarsi, trasfigurata, in una più alta tensione verso l'assoluto
e verso l'eternità. Il riferimento alla complessità di significati
e di enigmi trasmessi dal mito di Narciso viene interpretato in modi differenti
dai quattro pittori riuniti nell'esposizione. Tino Aime, con i suoi I
narcisi e la piuma, sceglie decisamente la rappresentazione dei fiori che hanno
lo stesso nome del mitico personaggio che si sarebbe tramutato in essi. La sua
è quindi una classica natura morta che demitizza il mito riportandolo
ai termini della visibilità quotidiana. Federico Chiales, con
il titolo di Narciso dimentico, suggerisce una chiave allusiva che può
contestualizzare nella mostra un saggio della sua poetica consonante piuttosto
con l'etica e l'estetica zen. Verso una contemplazione, quindi, senza oggetto
ne pensiero avvalorata dal senso del vuoto. Sergio Scanu, con il Ritratto
di narcisista, ritrova l'eco del mito anche nei suoi risvolti freudiani, individuandolo
in un personaggio della vita di tutti i giorni, schizzato con corsiva e ironica,
espressiva gestuahtà. Narcisismo, quindi, come compiacimento, immaturità,
ambivalenza, esibizione. E Adriano Tuninetto, con il suo Narciso, offre
una versione riferibile alle t.ecniche dell'espressionismo astratto: il dipinto
si struttura mediante una griglia di solidi segni neri su bianco, intorno a
cui si coagulano dinamicamente altri due colori, il rosso e il blu, integrati
da linee più rapide e concitate.
Così il riferimento a Narciso, mito e fiore, può risultare insieme
uno e nessuno e molti: "qualunque scoperta si fa nel paese dell'amor proprio",
osservava La Rochefoucauid, "vi restano ancora sempre molte terre sconosciute
Maggio 1996
Lucio Cabutti