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Il Mito di Edipo
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2003
Recensione di MANUELA CUSINO

Quando parliamo di mito spesso la nostra immaginazione inizia a ripercorrere leggende e poemi della storia greca, alla ricerca di iconografie conosciute o più semplicemente incontrate. In realtà il viaggio nel mito è un percorso sia nella storia che nella leggenda, sono infatti molti gli elementi in grado di spostarci con grande facilità dall'uno all'altro registro, dai poemi epici alle forme tragiche che nel caso del mito di Edipo coincidono con le figure dei grandi Sofocle (Edipo Rè, Edipo a Colonia), Eschilo ed Euripide {Fenicie). Il mito procede per topoi costruttivi le cui varianti interpretative intorno ad alcune figure si condensano quali metafore di una ricchezza semantica che ha dello straordinario e dell'immaginifico: un potenziale in grado di soddisfare le aspettative dei singoli popoli e delle singole tradizioni.Prova ne è la tradizione concernente la figura della madre di Edipo chiamata Epicasta nell'Odissea, Giocasta dai Tragici, Eurigania o Eurianassa nella versione epica del ciclo edipico, infine Astimedusa (nominativo in grado di collegare questo mito a quello Eracleo). Rimangono costanti alcuni nuclei tematici simbolicamente interessanti per comprendere quanto la figura dell'eroe, nel nostro caso Edipo, possa essere considerata metafora di un riscatto sia personale e familiare, che politico-sociale.
Le imprese di Edipo si mescolano intrecciandosi con quelle del popolo tebano e della sua sottomissione alla Sfinge, figura mezza leone e mezza donna, solita porre enigmi ai passanti e a divorarli in caso di risposta errata. Incontratala a Tebe, Edipo riesce a rispondere positivamente ai suoi quesiti, quindi la uccide riuscendo a liberare i Tebani dal terribile mostro.
Il nodo del mito edipico si svolge intorno all'uccisione del padre da parte del figlio e dell'incesto della madre con la figura di Edipo stesso. Molte le varianti risolutive a questo conflitto nodale: da quella in cui Giocasta si uccide ed Edipo trafìgge i propri occhi con la spilla della madre, a quella sofoclea, modificata da Euripide, in cui Giocasta muore ancora suicida, sino a quelle epiche in cui la morte di Giocasta non interrompe il regno di Edipo, rimasto sul trono e definitivamente sconfitto soltanto dalla morte sopraggiunta durante la guerra contro i popoli vicini (Ergino, Mini). Le ultime due varianti intorno alla fine della vita dell'eroe ci parlano, nel caso dei Tragici e di Edipo, della vita errabonda a cui fu costretto Edipo sino a quando giunto in Attica, terra di Colono, ivi morì; nell'altro caso invece, fanno riferimento alla predizione oracolare secondo cui il paese che avrebbe accolto la tomba dell'eroe sarebbe stato benedetto per sempre dagli dei; in specifico l'eroe volle che le sue ceneri rimanessero in Attica. A ben guardare quanto il mito di Edipo si snodi con varianti e ritorni all'interno del binomio famiglia-stato, ci pare lecito evidenziare che solo attraverso l'abbandono dell'alveo genitoriale, e del superamento dei conflitti naturali ivi insiri sia possibile crescere e diventare figli della collettività. In questo senso chiaramente il mito di Edipo verrà recuperato e riletto in chiave psicanalitica da Freud. Alcuni studiosi vedono nella leggenda di Edipo un mito solare, altri preferiscono ravvicinare la figura dell'eroe alle divinità infernali, alle quali sarebbe propria la caratteristica dei piedi deformi, così come Edipo e Cineasta sarebbero gli antichi nomi scomparsi di Efesto e di Era (saga egiziana di Tifone) L'iconografica edipica si sviluppa in parallelo alle fonti della tragedia attica, ora nella pittura vascolare e soprattutto in urne funerarie, ora in forme in rilievo. Le iconografie più numerose riguardano l'incontro di Edipo con la Sfinge in cui l'eroe si presenta con clamide e lancia.
Eirej (Ennio Rutigliano) in Edipo Rè suggerisce una trattazione tra il surreale ed il metafisico dell'idea della nascita e della ripetizione del mito grazie ad una costruzione sfondata su di un piano azzurrato, introdotto prospetticamente da una pavimentazione a scacchiera di sapore teatrale.
Sandro Lobalzo sottolinea la permanenza simbolica del mito all'interno della vita familiare quotidiana (Una storia quotidiana) lavorando sul valore allegorico di una natura morta in primo piano, ripresa a piena luce e una coppia di teste in gesso disposte in modo complementare quasi ad evocare con potenza dall'oscurità del fondo la loro attualità.
Vinicio Perugia insiste sulla contemporaneità del mito giocando con le sue trasparenze e figure nascoste sulla ciclicità dell'intreccio familiare, la sua tragicità e dimensione atemporale. Ciascun uomo potrà collocare La persistenza della profezia in un spazio sospeso tra ricordo e futuro, tra fissità e svolgimento, tra biografia e tradizione.
Ezio Vincenti inquadra la figura di Giocasta secondo una costruzione tipicamente scenografica e teatrale, tipica della sua formazione e di molte delle caratteristiche risoluzioni a collage e tecnica mista dell'autore. Anche in questo caso, come in quasi tutte le figure umane presenti nei suoi quadri, è il manichino femminile a proporsi, quale figura topica, senza capo, senza volto, simbolo del genere femminile. Il doppio sfondo templare suggerisce alla scena un poetico sapore surreale accentuato dalla disposizione a caduta libera dei soggetti in gesso in primo piano.


Manuela Cusino