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Catalogo
Omaggio a Lucio De Maria
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2004


LUCIO DE MARIA

"Tre pomi " olio su tela

Poco più di un anno fa avveniva la scomparsa di Lucio De Maria, figura emblematica dell'associazione Gli Argonauti di cui è stato il propositore ed all'interno della quale per molti anni ha rivestito la carica di Presidente. Il suo ruolo è andato ben oltre gli incarichi istituzionali, la spinta idealistica di cui era dotato ne ha fatto la forza motrice dell'Associazione che anno dopo anno con l'affiancamento di elementi altrettanto motivati e con l'appoggio delle amministrazioni della città di Collegno, ha portato Gli Argonauti ad un alto livello operativo e culturale. Amava ripetere che «nessuno è indispensabile» ed in questo dobbiamo contraddirlo, perché il vuoto che ha lasciato è pesantemente avvertito in ogni decisione. Ciò nonostante ci siamo impegnati a mantenere gli appuntamenti di sempre, ma, nel progetto della attuale mostra che propone (come ormai è consolidata tradizione dal lontano 1986) il tema mitologico e si svolge con l'invito di quattro artisti abbiamo adottato una variante: si è cioè deciso di esporre (oltre alle opere dei quattro docenti che operano all'interno dei Laboratori) quale omaggio alla sua persona alcuni suoi dipinti.
La pittura era una passione precedente alla creazione dell'Associazione e senz'altro determinante per deciderne l'inizio. La coltivava con una sorta di pudore e solo su insistenza di noi amici e di quelli all'interno dell'amministrazione di Collegno si era deciso ad esporre una parte delle sue opere nel novembre 1995.
In quella occasione, Lucio Cabutti che ne aveva curato la presentazione titolandola «L'anima in gioco» scriveva:


«Nature morte come oggetti e nature vive come paesaggi, ma anche figure come maschere
e come volti, partecipi quindi della natura inanimata dell'oggetto come della natura vivente
del soggetto: questo classico repertorio tematico del pittore viene esistenziato da Lucio De Maria
attraverso un intenso, organico, emozionato immedesimarsi nella struttura interna dell'opera
concepita come aperta tensione di identità e alterila, concreterà e codificazione, riferimento al
reale e messa in scena del simulato; avendo come grande entroterra storico e simbolico, quindi,
la tradizione critica e civile dell'espressionismo.»

E ancora:
« ...Può l'uomo, ha domandato Schiller, essere costretto a trascurare se stesso per uno scopo
qualunque? Imporre I'uomo, contro la sua natura, questo destino e lo sforzo inumano del nostro
tempo. Ridotto a un mero mezzo, l'uomo e diventato strumento del suo stesso prodotto: non ha più
sensi, da quando e soltanto al servigio della macchina, E questa che gli ha rubato l'anima.
E adesso, lui vuole riaverla. Ecco che cosa è in gioco.»

E terminava:
« ... Nella situazione artistica di una città industriale come Torino, poi, tale vena di ricerca e di
tentata e sconvolta riappropriazione dell'anima (secondo la terminologia dell'espressionismo storico)
attraverso un sentimento della natura e della figura umana accalorato e drammatico, costituisce anche la
ricorrente rivendicazione di una spiritualità sommersa che si confronta con la realtà sempre più sfuggente
e inumana di fine secolo e di fine millenio...»

Da allora aveva dipinto sempre meno, a causa degli impegni man mano più assillanti anche come Assessore nella sua Città.
Con l'affiancamento delle loro opere. Elisa, Giuse, Vera e Marco testimoniano la gratitudine ed il ricordo per l'amico ma soprattutto desiderano rappresentare quelli di ciascun Argonauta.

Vera Quaranta