LUCIO DE MARIA
Poco più di un anno fa avveniva la scomparsa
di Lucio De Maria, figura emblematica dell'associazione Gli Argonauti di cui
è stato il propositore ed all'interno della quale per molti anni ha
rivestito la carica di Presidente. Il suo ruolo è andato ben oltre
gli incarichi istituzionali, la spinta idealistica di cui era dotato ne ha
fatto la forza motrice dell'Associazione che anno dopo anno con l'affiancamento
di elementi altrettanto motivati e con l'appoggio delle amministrazioni della
città di Collegno, ha portato Gli Argonauti ad un alto livello operativo
e culturale. Amava ripetere che «nessuno è indispensabile»
ed in questo dobbiamo contraddirlo, perché il vuoto che ha lasciato
è pesantemente avvertito in ogni decisione. Ciò nonostante ci
siamo impegnati a mantenere gli appuntamenti di sempre, ma, nel progetto della
attuale mostra che propone (come ormai è consolidata tradizione dal
lontano 1986) il tema mitologico e si svolge con l'invito di quattro artisti
abbiamo adottato una variante: si è cioè deciso di esporre (oltre
alle opere dei quattro docenti che operano all'interno dei Laboratori) quale
omaggio alla sua persona alcuni suoi dipinti.
La pittura era una passione precedente alla creazione dell'Associazione e
senz'altro determinante per deciderne l'inizio. La coltivava con una sorta
di pudore e solo su insistenza di noi amici e di quelli all'interno dell'amministrazione
di Collegno si era deciso ad esporre una parte delle sue opere nel novembre
1995.
In quella occasione, Lucio Cabutti che ne aveva curato la presentazione titolandola
«L'anima in gioco» scriveva:
«Nature morte come oggetti e nature vive come
paesaggi, ma anche figure come maschere
e come volti, partecipi quindi della natura inanimata dell'oggetto come della
natura vivente
del soggetto: questo classico repertorio tematico del pittore viene esistenziato
da Lucio De Maria
attraverso un intenso, organico, emozionato immedesimarsi nella struttura
interna dell'opera
concepita come aperta tensione di identità e alterila, concreterà
e codificazione, riferimento al
reale e messa in scena del simulato; avendo come grande entroterra storico
e simbolico, quindi,
la tradizione critica e civile dell'espressionismo.»
E ancora:
« ...Può l'uomo, ha domandato Schiller, essere costretto a
trascurare se stesso per uno scopo
qualunque? Imporre I'uomo, contro la sua natura, questo destino e lo sforzo
inumano del nostro
tempo. Ridotto a un mero mezzo, l'uomo e diventato strumento del suo stesso
prodotto: non ha più
sensi, da quando e soltanto al servigio della macchina, E questa che gli ha
rubato l'anima.
E adesso, lui vuole riaverla. Ecco che cosa è in gioco.»
E terminava:
« ... Nella situazione artistica di una città industriale
come Torino, poi, tale vena di ricerca e di
tentata e sconvolta riappropriazione dell'anima (secondo la terminologia dell'espressionismo
storico)
attraverso un sentimento della natura e della figura umana accalorato e drammatico,
costituisce anche la
ricorrente rivendicazione di una spiritualità sommersa che si confronta
con la realtà sempre più sfuggente
e inumana di fine secolo e di fine millenio...»
Da allora aveva dipinto sempre meno, a causa degli impegni man mano più
assillanti anche come Assessore nella sua Città.
Con l'affiancamento delle loro opere. Elisa, Giuse, Vera e Marco testimoniano
la gratitudine ed il ricordo per l'amico ma soprattutto desiderano rappresentare
quelli di ciascun Argonauta.
Vera Quaranta