Divagazione
Esperia è uno dei nomi antichi della penisola italica, che, rispetto
alla penisola balcanica e comunque al mondo greco si trovava ad Occidente.
Era dunque la terra del tramonto, il luogo dove il sole depositava i suoi
tesori e continuava perciò ad agire anche quando altrove era stato
consumato l'abbandono.
Le fanciulle Esperidi abitavano un giardino mirabile, difeso da un drago,
come avviene, da sempre, per i luoghi che sono preziosi proprio perché
è difficile l'accesso e raro il godimento. Dove si trovava questo giardino?
Era proprio la nostra penisola, se non l'isola che ne concludeva lo sviluppo
nel Mediterraneo, dove stanno, forse solo da tempi più recenti, le
Esperidee ovvero gli agrumi che sono i frutti d'oro; o più in la, ai
limiti del conosciuto?
Il luogo mirabile è concluso, inaccessibile per un
altissimo muro ancor prima che per quel drago che si diceva. Non tutti i luoghi
chiusi sono meravigliosi; ma la condizione della chiusura sembra essere indispensabile
alla meraviglia. Anche la mia nipotina collega l'emozione e lo stupore alla
scoperta di ciò che è nascosto, sottratto all'uso comune. Quante
riedizioni del giardino delle Esperidi si sono susseguite nel tempo! Per esempio,
una variante relativamente recente, entrata nel nostro immaginario specialmente
attraverso la pittura religiosa del Medioevo è l'Hortus conclusus dove
si sviluppa spesso l'episodio fondamentale nella mitologia cristiana che è
l'Annunciazione. Anche in quel caso un alto muro sottrae alla curiosità
indiscreta la meraviglia dell'Annuncio e prima della verginità; qualche
volta, in fondo a quel giardino si intravede il modello «originario»,
dico il Paradiso terrestre, dal quale è cominciato tutto, e dove si
è consumato l'incontro con il mostro che ha introdotto il male e quindi
la storia nella vicenda dell'uomo. Ma quel giardino è rimasto nella
memoria, nel desiderio, nella speranza, come il luogo da meritare, nuovamente
accessibile attraverso la Redenzione. In quel giardino, non diverso nelle
aspettative di tante culture, eventualmente con una accentuazione di splendore
opulento, gli alberi sempreverdi sono protagonisti con i fiori e i frutti
variopinti, soprattutto i pomi d'oro, come piccoli soli precipitati m terra.
Non mancano attuazioni «storiche» di quella meraviglia; sono tutti
i giardini che l'uomo piuttosto privilegiato ha istruito nel tempo, se possibile
scegliendo una vegetazione non soggetta al mutare delle stagioni. Dentro,
non a caso, ci sta anche la grotta, il luogo buio dove si annidano i mostri,
il luogo dal quale però scorrono anche le acque e gli umori vitali
che alimentano il trionfo diurno. La divisione tra vita e morte, tra dì
e notte, non è sempre così netta: et in Arcadia, ego. Pittori,
inventatemi ancora una
meraviglia, e distribuitela generosamente! Forse, è l'ultima rivoluzione
possibile.
Pino Mantovani