Copertina
Catalogo
Il Mito delle Esperidi
pagina 2/11
2004
Recensione di Pino Mantovani

Divagazione


Esperia è uno dei nomi antichi della penisola italica, che, rispetto alla penisola balcanica e comunque al mondo greco si trovava ad Occidente. Era dunque la terra del tramonto, il luogo dove il sole depositava i suoi tesori e continuava perciò ad agire anche quando altrove era stato consumato l'abbandono.
Le fanciulle Esperidi abitavano un giardino mirabile, difeso da un drago, come avviene, da sempre, per i luoghi che sono preziosi proprio perché è difficile l'accesso e raro il godimento. Dove si trovava questo giardino? Era proprio la nostra penisola, se non l'isola che ne concludeva lo sviluppo nel Mediterraneo, dove stanno, forse solo da tempi più recenti, le Esperidee ovvero gli agrumi che sono i frutti d'oro; o più in la, ai limiti del conosciuto?

Il luogo mirabile è concluso, inaccessibile per un altissimo muro ancor prima che per quel drago che si diceva. Non tutti i luoghi chiusi sono meravigliosi; ma la condizione della chiusura sembra essere indispensabile alla meraviglia. Anche la mia nipotina collega l'emozione e lo stupore alla scoperta di ciò che è nascosto, sottratto all'uso comune. Quante riedizioni del giardino delle Esperidi si sono susseguite nel tempo! Per esempio, una variante relativamente recente, entrata nel nostro immaginario specialmente attraverso la pittura religiosa del Medioevo è l'Hortus conclusus dove si sviluppa spesso l'episodio fondamentale nella mitologia cristiana che è l'Annunciazione. Anche in quel caso un alto muro sottrae alla curiosità indiscreta la meraviglia dell'Annuncio e prima della verginità; qualche volta, in fondo a quel giardino si intravede il modello «originario», dico il Paradiso terrestre, dal quale è cominciato tutto, e dove si è consumato l'incontro con il mostro che ha introdotto il male e quindi la storia nella vicenda dell'uomo. Ma quel giardino è rimasto nella memoria, nel desiderio, nella speranza, come il luogo da meritare, nuovamente accessibile attraverso la Redenzione. In quel giardino, non diverso nelle aspettative di tante culture, eventualmente con una accentuazione di splendore opulento, gli alberi sempreverdi sono protagonisti con i fiori e i frutti variopinti, soprattutto i pomi d'oro, come piccoli soli precipitati m terra.
Non mancano attuazioni «storiche» di quella meraviglia; sono tutti i giardini che l'uomo piuttosto privilegiato ha istruito nel tempo, se possibile scegliendo una vegetazione non soggetta al mutare delle stagioni. Dentro, non a caso, ci sta anche la grotta, il luogo buio dove si annidano i mostri, il luogo dal quale però scorrono anche le acque e gli umori vitali che alimentano il trionfo diurno. La divisione tra vita e morte, tra dì e notte, non è sempre così netta: et in Arcadia, ego. Pittori, inventatemi ancora una
meraviglia, e distribuitela generosamente! Forse, è l'ultima rivoluzione possibile.

Pino Mantovani