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Il Mito di Oceano e Teti
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2005
Recensione di Angelo Mistrangelo

L'affascinante percorso intorno al mito classico, alle gesta delle divinità, alla poetica rivisitazione della natura, rappresenta l'itinerario promosso, sin dal 1986, dall'Associazione Culturale «Gli Argonauti» e dalla Città di Collegno. Un itinerario che da Orfeo ed Euridice ad Artemide, da Narciso alle Esperidi, racconta con i lavori degli artisti contemporanei le storie di quelle straordinarie figure che ci appartengono con le loro passioni e le avventure, gli amori e le feste, i giardini e le acque.
Ed è proprio l'incanto delle acque, il rincorrersi e il reiterarsi delle onde, lo scorrere dei fiumi sino alla foce, che sottolineano l'essenza di questo appuntamento con «Gli Dei del mare e delle acque:Oceano e Teti».Oceano, il più vecchio dei Titani, era figlio di Urano e Gea e sposò Tètide. Padre di tutti i fiumi, secondo i greci, e delle Oceànidi (ninfe del mare, che Eschilo introdusse nel coro della tragedia «Prometeo»), costituisce senza dubbio una figura intensa e intensamente reinterpretata da parte dei pittori e ceramisti invitati a questo incontro con la mitologia, con i personaggi di una classicità «sentita» come momento poetico e culturale, con albe che si aprono alla luce e dalle acque del mare sembrano scaturire Oceano e Teti e le Oceànidi. E dalle pagine dei lirici greci, tradotte da Salvatore Quasimodo, si coglie l'essenza di un universo dai delicati accenti naturalistici, pervaso da sottili emozioni, da silenzi: «Già sulle rive dello Xanto ritornano cavalli,/ gli uccelli di palude scendono dal cielo, / dalle cime dei monti/ si libera azzurra fredda l'acqua e la vite/ fiorisce e la verde canna spunta./ Già nelle valli risuonano/ canti di primavera» (Alceo). Ruscelli e fiumi e sorgenti, erano immaginati, nell'arte antica «ora in figura di animali, serpenti, tori, cinghiali, ora in figura di uomini, ora in figura parte animalesca, parte umana... A queste stesse immagini si ispirò la statuaria che soleva rappresentare i fiumi in figura di uomini con la barba fluente e due piccole corna in fronte...», come si legge nel volume Mitologia classica illustrata (Hoepli). In tale angolazione, si collocano gli aspetti e i linguaggi mediante i quali gli artisti hanno dato vita, forma ed espressione alla successione delle immagini, alle scansioni cromatiche nelle Ondine di Pino Mantovani e nelle
Nereidi, sotto un cielo stellato, di Remando Eandi; nei preziosi fogli dell'impalpabile colore di Lea Gyarmati (Oltremare) e Francesco Franco (Oceano), sino alle cadenze figurali del pastello Teti nell'Oceano di Anna Lequio e dei Doni del mare di Giuseppe Grosso. Vi è in questa sequenza di opere la sospensione evocativa del mito, i simboli di un tempo di simboliche e oniriche memorie, il rapporto con gli uomini e la società attuale. E in Francesco Casorati il fiabesco Naufragio di un piroscafo apre le acque del mare, dalle quali emergono i possenti volti dei Titani e di Oceano di Sergio Scanu e Lia Laterza, il surreale Pesce tromba di Marco Seveso, l'abbraccio di Oceano e Teti, risolto a penna a sfera, da Vincenzo Gatti e la Bassa marea della ceramista Elisa Bona.
Il viaggio lungo i labirinti e le maschere dei personaggi mitologici ci riconsegna, come d'incanto, la nave Argo, dove «tutti gli Argonauti dovevano misurarsi contro la forza dei venti e del mare» (da
L'angelo ferito di Antonio Miredi, edito da Omega); Dioniso, che venne «fatto a pezzi dai Titani e ricomposto da Apollo», l'enigma di Edipo e, ancora, Ermes, figlio di Zeus e dell'atlantide Maia, la più giovane delle Pleiadi, «cantato» da Saffo: «Ermes, io lungamente ti ho invocato./ In me è solitudine: tu aiutami,/ despota, che morte da sé non viene;/ nulla m'allieta tanto che consoli./ Io voglio morire/ voglio vedere la riva d'Acheronte/ fiorita di loto fresca di rugiada».
E la deliziosa barchetta bianca di
Giochi proibiti di Sandro Lobalzo, la visione dell'universo marino in Onde di Romano Campagnoli, l'acrilico Cielo e terra - Nodeità di Antonio Carena, la tela con la grande onda dello Tsunami (che unisce il presente con il mito) di Vinicio Perugia, esprimono il senso profondo di una ricerca che fluisce, inoltre, attraverso le figure misteriose di Oceano e Teti di Sergio Albano, la ceramica di terra semi-refrattata Il tempio sommerso di Vera Quaranta, l'imponente definizione di Nautilus nella tecnica mista di Franco Fanelli e l'insinuante incedere del segno di Giacomo Soffiantino ne II mito nel mito.
Il mito, l'arte, il silenzio, il sogno di un'avventura che si fa immagine e l'immagine «manda agli iniziati un buon fine nelle opere» (Canti Orfici).


Angelo Mistrangelo