L'affascinante percorso intorno al
mito classico, alle gesta delle divinità, alla poetica rivisitazione
della natura, rappresenta l'itinerario promosso, sin dal 1986, dall'Associazione
Culturale «Gli Argonauti» e dalla Città di Collegno. Un
itinerario che da Orfeo ed Euridice ad Artemide, da Narciso alle Esperidi,
racconta con i lavori degli artisti contemporanei le storie di quelle straordinarie
figure che ci appartengono con le loro passioni e le avventure, gli amori
e le feste, i giardini e le acque.
Ed è proprio l'incanto delle acque, il rincorrersi e il reiterarsi
delle onde, lo scorrere dei fiumi sino alla foce, che sottolineano l'essenza
di questo appuntamento con «Gli Dei del mare e delle acque:Oceano e
Teti».Oceano, il più vecchio dei Titani, era figlio di Urano
e Gea e sposò Tètide. Padre di tutti i fiumi, secondo i greci,
e delle Oceànidi (ninfe del mare, che Eschilo introdusse nel coro della
tragedia «Prometeo»), costituisce senza dubbio una figura intensa
e intensamente reinterpretata da parte dei pittori e ceramisti invitati a
questo incontro con la mitologia, con i personaggi di una classicità
«sentita» come momento poetico e culturale, con albe che si aprono
alla luce e dalle acque del mare sembrano scaturire Oceano e Teti e le Oceànidi.
E dalle pagine dei lirici greci, tradotte da Salvatore Quasimodo, si coglie
l'essenza di un universo dai delicati accenti naturalistici, pervaso da sottili
emozioni, da silenzi: «Già sulle rive dello Xanto ritornano cavalli,/
gli uccelli di palude scendono dal cielo, / dalle cime dei monti/ si libera
azzurra fredda l'acqua e la vite/ fiorisce e la verde canna spunta./ Già
nelle valli risuonano/ canti di primavera» (Alceo). Ruscelli e fiumi
e sorgenti, erano immaginati, nell'arte antica «ora in figura di animali,
serpenti, tori, cinghiali, ora in figura di uomini, ora in figura parte animalesca,
parte umana... A queste stesse immagini si ispirò la statuaria che
soleva rappresentare i fiumi in figura di uomini con la barba fluente e due
piccole corna in fronte...», come si legge nel volume Mitologia classica
illustrata (Hoepli). In tale angolazione, si collocano gli aspetti e i linguaggi
mediante i quali gli artisti hanno dato vita, forma ed espressione alla successione
delle immagini, alle scansioni cromatiche nelle Ondine
di Pino Mantovani e nelle Nereidi,
sotto un cielo stellato, di Remando Eandi; nei preziosi fogli dell'impalpabile
colore di Lea Gyarmati (Oltremare)
e Francesco Franco (Oceano),
sino alle cadenze figurali del pastello Teti
nell'Oceano di Anna Lequio e dei Doni
del mare di Giuseppe Grosso. Vi è
in questa sequenza di opere la sospensione evocativa del mito, i simboli di
un tempo di simboliche e oniriche memorie, il rapporto con gli uomini e la
società attuale. E in Francesco Casorati il fiabesco Naufragio
di un piroscafo apre le acque del mare, dalle quali emergono i possenti volti
dei Titani e di
Oceano di Sergio
Scanu e Lia Laterza, il surreale Pesce
tromba di Marco Seveso, l'abbraccio di
Oceano e Teti, risolto
a penna a sfera, da Vincenzo Gatti e la Bassa
marea della ceramista Elisa Bona.
Il viaggio lungo i labirinti e le maschere dei personaggi mitologici ci riconsegna,
come d'incanto, la nave Argo, dove «tutti gli Argonauti dovevano misurarsi
contro la forza dei venti e del mare» (da L'angelo
ferito di Antonio Miredi, edito da Omega); Dioniso,
che venne «fatto a pezzi dai Titani e ricomposto da Apollo», l'enigma
di Edipo e, ancora, Ermes, figlio di Zeus e dell'atlantide Maia, la più
giovane delle Pleiadi, «cantato» da Saffo: «Ermes, io lungamente
ti ho invocato./ In me è solitudine: tu aiutami,/ despota, che morte
da sé non viene;/ nulla m'allieta tanto che consoli./ Io voglio morire/
voglio vedere la riva d'Acheronte/ fiorita di loto fresca di rugiada».
E la deliziosa barchetta bianca di Giochi proibiti
di Sandro Lobalzo, la visione dell'universo marino in Onde
di Romano Campagnoli, l'acrilico Cielo
e terra - Nodeità di Antonio Carena,
la tela con la grande onda dello Tsunami
(che unisce il presente con il mito) di Vinicio Perugia, esprimono
il senso profondo di una ricerca che fluisce, inoltre, attraverso le figure
misteriose di Oceano e Teti di
Sergio Albano, la ceramica di terra semi-refrattata Il
tempio sommerso di Vera Quaranta, l'imponente
definizione di Nautilus
nella tecnica mista di Franco Fanelli e l'insinuante incedere del segno
di Giacomo Soffiantino ne II mito nel
mito.
Il mito, l'arte, il silenzio, il sogno di un'avventura che si fa immagine
e l'immagine «manda agli iniziati un buon fine nelle opere» (Canti
Orfici).
Angelo Mistrangelo