Il fascino, l'incanto e il
mito di Afrodite
"Leggiadri veloci uccelli
sulla nera terra ti portarono,
dense agitando le ali per l'aria celeste".
Saffo
La sospesa ed evocativa parola di Saffo dedicata ad Afrodite delinea il
fascino, l'incanto e il mito della dea dell'amore "nata dalla schiuma
delle onde del mare", che "vola nell'aria accompagnata da stormi
di tortore e passeri", mentre Omero sostiene che è figlia di
Zeus e di Dione.
L'intricato dispiegarsi delle parentele, delle vicende legate alla sua vita,
delle ricerche intorno alla sua straordinaria e bellissima figura sottolinea
l'essenza delle pagine di un racconto che la vedono approdare, dopo la nascita,
all'isola di Cipro e precisamente a Pafo: la principale sede del suo culto.
E in quella località le Stagioni, figlie di Temi, la vestirono e
i fiori sbocciavano là dove Afrodite posava i piedi.
Andata in sposa ad Efesto, il dio fabbro zoppo, lo tradì - narra
ancora Omero - con Ares, dio della guerra, dal quale ebbe i tré figli
Fobo, Deimos e Armonia. E la storia di Afrodite è, perciò,
uno dei capitoli della mitologia; di una dea che amò anche Ermete,
Dionisio, Adone (figlio di Fenice e Alfesibea) e il mortale Anchise, rè
dei Dardani, nipote di Ilo, dal quale ebbe il figlio Enea; di una sensualità
che ha fatto dire a Saffo: "Chi ora ti fugge, presto t'inseguirà,/
chi non accetta doni, ne offrirà,/ chi non ti
ama, pure contro voglia,/ presto ti amerà. / Vieni a me anche ora;/
liberami dai tormenti..." (dai Lirici Greci, tradotti da Salvatore
Quasimodo per Arnoldo Mondadori, 1965).
L'immagine di Afrodite è, quindi, il tema conduttore di questo nuovo
appuntamento con l'associazione Gli Argonauti, con una tradizione che lega
gli artisti contemporanei al mito, a un universo di personaggi e di personalità
che emerge prepotentemete dagli scritti tramandati nel tempo, dalle leggende
orali, dagli studi intorno alla mitologia classica. In questa dimensione
prende forma e sostanza il lavoro dei quattro pittori invitati: Francesco
Capello, Walther Jervolino, Luisa Porporato e Francesco Preverino.
In ognuno di loro Afrodite diviene il simbolo di una bellezza tramandata
nel tempo, assume il valore di un'interpretazione libera da ogni voluta
e attualizzata "lettura" delle antiche leggende, esprime il senso
di una "scrittura" che ne rinnova le segrete cadenze espressive,
gli "impudichi intrighi", gli amori.
Francesco Capello, che ha insegnato al Primo Liceo Artistico, personalizza
l'immagine di Afrodite con quella di una donna seduta di fronte al fuoco
che la riscalda. Il suo "Notturno dopo la pioggia" ricorda le
strade di periferia delle città o i viali con
pochi lampioni o le strade tra gli alberi, dove si può avere un facile
rapporto d'amore. Fortemente realistica la sua tela di lino è dominata
da un'intensa resa della rappresentazione, mai leziosa. E dalla figura decisamente
contemporanea di Capello, si passa al simbolico naturalismo di Walther
Jervolino, che ha creato una Afrodite vestita semplicemente, suadente,
eterea e insieme capace di suscitare negli uomini amori e profondi turbamenti.
Formatosi con Soffiantino, Calandri e nello studio romano di Tommasi Ferroni,
Jervolino ha fissato sulla carta, con il segno sfumato del carboncino, una
delicata e invitante visione della dea che spirava dalla sua persona soave
odore d'ambrosia.
In Francesco Preverino, docente di Decorazione all'Accademia Albertina,
la strenua energia della linea-colore concorre a fermare nello spazio un'immagine
che si erge vibrante, immortale, "sovrana del cielo". L'espressionistica
definizione della raffigurazione suggerisce i momenti di una rilettura del
mito in chiave moderna: un corpo potentemente vero, ambito, percorso da
un fremito che esalta la rattenuta passionalità. La sua tecnica mista
e riporti su carta, rinnova il fascino di Afrodite senza mai concedere alla
narrazione facili soluzioni del linguaggio.
Luisa Porporato, invece, riporta l'attenzione su una "classica"
descrizione di Afrodite: ...bella e pudica la dea uscì dall'acqua
e sotto i suoi piedi delicati spuntò una tenera erbetta... Esponente
di una generazione di incisori di scuola torinese, pittrice di
frammenti di realtà, la Porporato coglie dai suoi viaggi all'estero
(recentemente si è recata in Cina), gli elementi di un dipingere
che trasferisce sulla tela o sulla carta con sensibilità, come in
questo "II mito di Afrodite", dove la linea fluisce armoniosa
e
avvolgente nel restituire una candida figura femminile. Segno, colore, materia,
per un mito che unisce passato e presente, storia e contemporaneità,
poesia e onirici percorsi della memoria. E poi l'incanto della luce che
accende spazi e volti, mentre un fuoco sottile affiora
rapido alla pelle.
Angeh Mistrangelo