...ha una sua precisa
ed elegante evidenza, che gli artisti invitati hanno saputo interpretare.
La ricerca intorno a queste immagini, si apre con l'intensa esperienza di
Elisa Bona,
che per la mostra al Museo della Città di Collegno ha realizzato
l'opera «Riflesso», in
terra bianca refrattaria, vetro fuso e argento. Presente alla Mostra Intemazionale
della
Ceramica di Castellamonte, Elisa Bona ha legato i suoi lavori alla Biennale
di Ceramica ad Albissola e ad «Immagine Svelata», allestita
negli spazi di Palazzo Cisterna sede della Provincia di Torino. Docente
ai laboratori dell'Associazione «Gli Argonauti», ha plasmato
un'armoniosa scultura in ceramica, dove la musa, ideata in posizione seduta,
rivela una personale definizione di una evocativa entità figurale,
di una espressività caratterizzata
dai materiali impiegati.
Enrica Campi,
invece, trasferisce alla materia il valore di un'esperienza segnata dagli
studi all'Accademia Albertina, dall'impegno di scenografa del Teatro Stabile
di Torino, dai teatrini presentati alla Galleria Dantesca Fogola. La sua
rilettura delle Muse si misura con una «scrittura» scandita
dall'elegante fluire della linea, che fissa i volumi di sette muse in semirefrattario
bianco, patinate con terre e ossidi (da «Musa del Lunedì»
a «Musa della domenica»). Accanto a questi lavori, vi sono altre
cinque muse a calice in gres (da
«Musa-calice 1» a «Musa-calice 5»). L'immagine femminile
appare «classica» nella resa del volto, della chioma e del drappeggio
della veste che copre i corpi sinuosi.
In Vera Quaranta
la ceramica rappresenta un mezzo per comunicare, per unire passato e presente,
per «costruire» una figurazione del tutto particolare. Allieva
di Italo Cremona all'Accademia Albertina, ha svolto un'attività grafica
per una rivista diretta da Giovanni Astengo e dal 1980 insegna ai corsi
de «Gli Argonauti». Soprattutto in Vera Quaranta vi è
un profondo amore per la materia, per la forma, per una sperimentazione
che è sfociata nel «corpus» di opere in gran parte elaborate
per l'attuale esposizione. Si tratta di piccole sculture in cui si individua
l'essenza di una ricerca che va da Calliope, una sorta di teatrino con inserto
raku, a Tersicore, corredata da un vortice di fili che simboleggia i giri
di danza, sino a Talia, Melpomene, Polimnia ed Erato in una limpida elaborazione
dei volumi.
Nino Ventura,
infine, ha composto «Le Tre Muse» in terra di Castellamonte,
con inserti di parti in oro a lamina. In queste tre sculture si ravvisa
il senso di una visione che lega indissolubilmente Melete a Mneme ad Aoide:«Figlie
della Terra e del Cielo,/sanno dire bugie,/ come fossero vere./ Generatrici
di idee/ che assomigliavano a sfere./Dicono il vero/ senza farlo sapere».
Vi è nella sua adesione al Mito la volontà di cogliere la
magia, il mistero, il fascino delle antiche divinità, come quando
ha sviluppato nel 1994 il progetto «Mediterraneo Terra Mia»,
mentre rimangono nella memoria i tre grandi Arcangeli in terracotta e bronzo,
Gabriele, Raffaele e Michele, esposti a Castel Sant'Angelo e la fontana
«Liquidas convergencias» a Fuenlabrada, vicino a Madrid.
Angelo Mistrangelo