maggio 2001
Pittura come Mito 2

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...Come ebbe a scrivere Rainer Maria Riike tradotto da Giaime Pintor, citato da Paolo Levi nel catalogo del 1988 dedicato al mito di Orfeo: «II canto che tu insegni non è brama, / non è speranza che conduci a segno. / Cantare è per tè esistere.
Un impegno facile al dio. Ma noi, noi quando siamo?». Il fatto è che la continuità tra l'uomo e il canto è venuta meno (se mai è stata in una ipotetica età dell'oro), nel senso di equivalente specchiamento; ma come brama e speranza «l'altro» segnalato dalla poesia resta. Resta tutto intero, irriducibile, ancorato alle origini che il mito, appunto, manifesta. Del resto, che l'arte, e in particolare la pittura, sia una delle forme del mito lo dimostra la sua efficacia diretta nel rappresentare l'intenzione e l'atto creativo. La pittura è «erotica, eretica, errante», secondo la splendida formula di Osvaldo Licini, che definisce così se stesso ma per estensione la pittura, almeno una certa pittura: i numerosi interventi di Andrea Balzola, che dal '90 al '94 diventa l'accompagnatore stabile della rassegna, commentando i miti di Eros ('90), Prometeo ('91), Persefone ('92), Pandora ('93), Perseo ('94), lo dimostrano sistematicamente. Eros sovrintende la creazione prima e tutte le creazioni ulteriori o metamorfosi che siano, sintesi come è degli opposti maschile e femminile, ma anche mediatore tra dei e uomini, cielo e terra, luce e tenebra.... La pittura porterebbe fin dentro il nostro mondo laico la sintesi del «principio di piacere e fecondità con un principio di distruzione e morte». «Nello specchio di Eros può riconoscersi l'artista nella sua generalità di artefice dell'opera, ma anche ciascun artista nella sua irriducibile singolarità (...). L'artista unisce le materie, riempie spazi e superfici, porta alla manifestazione o riproduce figure di mondi invisibili o sensibili (...). Ogni artista è figlio di una visione di Eros. Una visione che consegna nell'opera l'utopia di una ricongiunzione (a se stessi, all'altro, al mondo: vocazione all'Uno).... Ciò che distingue un lavoro dall'opera è proprio l'investimento di eros a quest'ultima necessario» (A. Balzola 1990).
L'eresia è ulteriore carattere della pittura: Prometeo nel mito ruba il fuoco agli dei e lo regala agli uomini/ i quali da esso apprendono innumerevoli arti, cioè di abilità operative e inventive. La pittura (l'atto creativo) perpetua il mitoraccogliendone gli insegnamenti che, nella sintesi di Balzola, sono almeno tré:
- la ribellione al potere costituito, vissuta come esperienza anarchica o come prova di consapevole e generosa libertà;
- la genialità, come abbandono all'ispirazione e invenzione avventurosa;
- la (pre) visione, cioè la capacità di rovesciare l'evidenza e di scoprire e attivare il nascosto, l'invisibile, l'ignoto portandolo alla chiarezza, alla lucentezza della forma e della bellezza, o sul baratro del sublime.
Da ultimo, ì'erranza. I miti di Persefone, Pandora, Perseo segnalano tré forme del viaggio, sempre tra vita e morte, fra tenebra e luce, tra luce, chiara e chiarificatrice, e abbacinamento. Viaggi, quelli di Persefone e di Pandora, che comportano sottrazione e dono ad un tempo, traviamento e redenzione come compete al femminile. Discese dolorose e resurrezioni, l'attraversamento di un limite, che nella pittura è l'indecifrabile enigma presupposto a qualsiasi manifestazione, per non dire del pericolo che accompagna ogni forma di seduzione data o subita. Ma non esiste scoperta senza desiderio e seduzione: desiderio e seduzione, che possono essere distruttivi, sono anche il fondamento dell'atto positivo della creazione.

marzo 2000                                                                                 (continua)
Pino mantovani

 

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